venerdì 22 aprile 2011

Falsi invalidi: tutte le truffe portano a Roma

Pane, pensioni e fantasia: quasi una commedia all’italiana. Con la fantasia usata per stratagemmi utili a incassare assegni non dovuti. «Cardiopatici che interrompono la medicina per il cuore prima della visita medica» racconta Filippo Cruciani, docente di oftalmologia all’Università La Sapienza di Roma, «o malati di tumore che, davanti a un’inequivocabile guarigione, supplicano il dottore di chiudere un occhio per non perdere il diritto all’assegno dell’Inps». Un esercito di falsi invalidi pronto a tutto per mantenere l’indennità di accompagnamento od ottenere il sussidio di invalidità civile. Facendo esplodere i conti dell’Inps.
Roma, primavera 2011: benvenuti in una delle patrie delle pensioni facili. I numeri mettono i brividi: solo dal 2009 al 2010 il Lazio ha visto un aumento delle pensioni di invalidità (260,27 euro mensili per 13 mensilità) pari al 5,3 per cento, mentre le indennità di accompagnamento (487,39 euro mensili per 12 mensilità) addirittura del 10,6. La media delle prestazioni agli invalidi civili è dell’8,9 per cento contro quella nazionale del 4,1. Un proliferare di casi umani o, più probabilmente, una legione di furbi nascosta fra veri invalidi?
FAMIGLIE ORGANIZZATE
Sono 81 i familiari che a Roma, per anni, hanno continuato a intascare la pensione dei cari defunti. Fino a quando il procuratore aggiunto Maria Cordova non li ha scovati, contestando la truffa ai danni dello Stato. «Tutto è cominciato da un accertamento fiscale della Guardia di finanza» racconta Cordova. «I militari hanno controllato un campione di pensionati scoprendo che centinaia erano già morti. Solo a Roma erano coinvolti in 81. In seguito stralci di indagine sono partiti per Rieti, Civitavecchia e Viterbo». Per molti la vicenda è finita con un’archiviazione, qualcuno ha patteggiato (come Maria Teresa M., che per avere riscosso la pensione del marito morto ha chiuso i conti con 5 mesi, 20 giorni e 400 euro di multa; o Giuseppina M., che per avere goduto della pensione della madre morta ha patteggiato 2 mesi, 20 giorni e 40 euro di multa), mentre per gli altri c’è il rinvio a giudizio.
Ma è anche capitato, ricorda Cordova, che tra i responsabili della truffa all’Inps ci siano stati funzionari dello stesso istituto (una volta persino madre e figlia) e un giudice di pace: «In quest’ultimo caso» ricorda il procuratore «oltre 150 persone, tutte indagate, si sono arricchite creando false posizioni previdenziali grazie a un’organizzazione capillare». Unica nota dolente, l’epilogo: «La prescrizione per questo tipo di reato è di sei anni, o sette anni e quattro mesi se c’è un’interruzione. Così, rinvio dopo rinvio, all’incirca il 90 per cento dei casi finisce in prescrizione».
Continuare a percepire la pensione post mortem, nel Lazio, è un vizio diffuso. Alla Corte dei conti di Roma lo sanno bene. Alcuni casi? Maria Franca P., di Latina, per nove anni ha riscosso la pensione di Francesco D., morto alla vigilia dil Natale del 1998, mettendosi in tasca secondo l’accusa 58.182 euro non dovuti. Rosetta C., sempre a Latina, dal gennaio 1998 all’ottobre 2006 ha incassato la pensione di Nicola C., morto nel 1997. Flavia P. avrebbe riscosso 61.030 euro della pensione di Castorina M., deceduta. E Giuseppe G., dal 2005, intascava quella del fratello Vincenzo.
Ma come è possibile? «La falla sta nella trasmissione dei dati dall’anagrafe comunale all’Inps» dice il procuratore regionale del Lazio della Corte dei conti, Pasquale Iannantuono. «Purtroppo il nostro intervento per legge si limita alle denunce di casi singoli. Ora che tutto è informatizzato, l’Inps potrebbe fare di più per controllare lo stato civile degli assistiti». Peccato che l’Inps di Roma imputi il ruolo chiave alle amministrazioni locali: «Sono i  comuni che devono trasmettere entro 48 ore l’avvenuto decesso» dice un dirigente romano. «Senza la notizia dell’anagrafe comunale, l’Inps non può che continuare a pagare le pensioni. Il recupero delle somme indebitamente erogate è poi difficile, anche perché le banche, che dovrebbero comunicare il decesso dei titolari di conto, hanno spesso a che fare con conti cointestati».
Da non sottovalutare è l’incidenza del clientelismo politico sull’inarrestabile aumento delle pensioni di invalidità civile. La denuncia arriva dallo stesso Istituto di previdenza. «Nel Lazio si possono produrre attività clientelari in misura maggiore che in altre aree del Paese» accusa un dirigente romano Inps. «Nella capitale ci sono i palazzi del potere, non solamente quello politico. Ci sono le sedi di associazioni di categoria e ci sono anche le istituzioni».
I MEDICI E LE ASL
I medici compiacenti nel Lazio non sono una novità. Cruciani, che ha fatto parte delle commissioni mediche di revisione, ritiene che parte della colpa dell’aumento delle pensioni di invalidità civile vada attribuita alla sua categoria: «Negli ambienti il fenomeno è conosciuto, ma è difficile da dimostrare. E l’Ordine dei medici fa poco e nulla». A essere penalizzato è il vero invalido.
Nell’atmosfera di diffidenza che si è creata, racconta Salvatore Romano, componente della direzione nazionale
dell’Unione italiana ciechi e responsabile del Centro nazionale tiflotecnico, struttura di produzione e distribuzione di materiale tecnico per ciechi, «è capitato che ciechi veri si siano dovuti togliere la protesi per porre fine all’inquisizione della commissione medica». Non meno grave, per Romano, il fatto che «molte commissioni per l’invalidità civile visitino senza specialista». Cioè a fianco del medico legale non c’è un oculista quando l’invalido è ipovedente.
Le asl sono un altro punto critico. Oltre a lunghe liste di attesa per esami richiesti dalle commissioni mediche di revisione (come il Pev, potenziali evocati visivi, per il quale un cieco deve attendere mesi, e l’alternativa è farlo a spese proprie), le aziende sanitarie non sono collaborative nel trasmettere all’Inps i fascicoli degli invalidi. Le asl romane, spiega Dalila Ranalletta, medico legale di una asl capitolina, dicono di avere fatto il possibile. «Per cercare tra fascicoli polverosi è stato impiegato il nostro personale medico. Ma quelli più vecchi, cartacei, sono andati persi».
CRIMINALITA’ ORGANIZZATA
A incidere sull’aumento delle pensioni di invalidità civile nel Lazio si è aggiunta la criminalità organizzata. Cosa è accaduto a Latina lo racconta a Panorama il capo della squadra mobile, Cristiano Tatarelli. «Stavamo indagando su omicidi avvenuti nel gennaio 2010» racconta. «Dietro i fatti di sangue c’erano alcuni componenti di due famiglie rom stanziali nel capoluogo pontino, i Di Silvio e i Ciarelli. Dopo avere sequestrato beni per 10 milioni di euro ai Ciarelli, controllando i loro conti correnti abbiamo scoperto che 40 membri su 60 delle stesse famiglie erano “invalidi” e assistiti dall’Inps. Da qui l’acquisizione di un centinaio di pratiche per indagare sull’eventuale ruolo di alcuni funzionari e delle commissioni asl. Resta da capire da quanti anni i rom usufruivano del beneficio. È curioso che molti fossero invalidi oltre il 70 per cento, con pensioni per stati di ansia e crisi depressive». L’ipotesi di reato è truffa ai danni dello Stato e dell’Inps. Il procuratore aggiunto Nunzia D’Elia afferma che «30 persone saranno visitate dai medici nominati dalla procura per accertare invalidità. È il punto di partenza per identificare altri soggetti coinvolti».
Perfettamente organizzato anche il giro dei 150 podologi romeni che a Civitavecchia avevano aperto una falsa posizione previdenziale all’Inps, accedendo all’assistenza sanitaria garantita solo ai residenti. Ma a fine gennaio la truffa è stata sventata dalla Finanza. Come rivela il capitano Fabio Ciancetta, che ha coordinato l’operazione, «la truffa era gestita da una cittadina romena che per 400 euro forniva ai connazionali la documentazione per l’apertura di una partita iva e l’iscrizione alla gestione separata».
AVVOCATI NEL MIRINO
Che molti avvocati facciano affari d’oro con l’Inps è un dato di fatto: in Italia le spese legali liquidate dall’istituto ai legali della controparte ammontano a ben 300 milioni l’anno. E qualcuno ne approfitta. Come quei 20 studi legali capitolini coinvolti in una truffa di pensioni fantasma e centinaia di pratiche contraffatte a nome di italiani emigrati a Buenos Aires. Oltre 300 indagati accusati di truffa, falso e sostituzione di persona. L’inchiesta della procura di Roma è iniziata due anni e mezzo fa dopo una segnalazione della sezione lavoro del tribunale su due procedimenti presentati da due studi legali per conto della stessa persona: un italiano emigrato e residente a Buenos Aires all’oscuro di tutto. L’indagine del nucleo valutario della Finanza ha poi accertato che «era una prassi consolidata» ricorda il colonnello Antonio Graziano.
Pane, pensioni e fantasia. Altro che commedia all’italiana, è la sciagurata realtà.

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