venerdì 22 aprile 2011

Finti macellai e i dispiaceri della carne: la mappa italiana

Centinaia e centinia di carcasse scarnificate. Come sul set di un film dell’orrore. Invece era tutto reale: i teschi e gli scheletri di pecore, capre, bovini e bufale mescolati al pellame e alle interiora, spuntavano ovunque.
La campagna intorno a Caivano, paesino della periferia nord di Napoli, era stata scelta da alcuni macellai abusivi come discarica a cielo aperto per la loro attività illecità.
Ogni giorno caricavano sul furgone o sul trattore le parti del bestiame che non riuscivano a vendere, né sul mercato legale delle carni né su quello clandestino, e le abbandonavano un po’ nel canale Regio Lagno che collega la zona industriale del capoluogo partenopeo a Caserta, un po’ nel campo adiacente: diecimila metri di terra interamente ricoperti di ossa. Così, giorno dopo giorno, insieme ai resti sono aumentati i cattivi odori, le mosche, i gatti e i cani affamati.
E la carne degli animali che fine ha fatto? Ha trovato posto nei banchi delle macellerie, in alcuni ristoranti della città e anche in qualche supermercato. I carabinieri del Nas di Napoli hanno scoperto e sequestrato, nei primi giorni di gennaio 2010, una villetta e alcune stanze di un altro edificio trasformate in laboratorio dove i titolari macellavano abusivamente centinaia di capi di bestiame, in particolare pecore e capre. Ovviamente, senza nessun rispetto per le norme igenico-sanitarie e men che meno per la conservazione della carne. Molto presunibilmente, quindi, le bistecche,le costine e i cosciotti sono finiti, per alcuni mesi, nei piatti degli napoletani.
Com’e stato possibile? Facile: i finti macellai falsificavano i timbri sanitari. E, con gli attestati di controlli in realtà mai effettuati dalle Asl, le carni macellate abusivamente entravo nel circuito legale della vendita. E non che fosse la prima volta. I Nas avevano già sequestrato, qualche settimana prima, gli stessi locali ma i macellai abusivi, sprezzanti del divieto, avevano rotto i sigilli e coperto il provvedimento dell’Autorità giudiziaria affisso al portone d’ingresso con un sacco dell’immondizia.
Ma il caso del capoluogo campano non è il solo. In poche settimane sono state denunciate, dal Sud al Nord della Penisola, dai carabinieri per la Tutela della Salute 11 macellai abusivi, sequestrati 7 impianti di macellazione e ritirate dal mercato oltre 12 tonnellate di carne lavorata abusivamente.
A Brescia l’attività illegale veniva svolta in un garage tra scooter, biciclette e attrezzi per il bricolage. Assieme ai martelli, chiodi e cacciaviti c’erano anche i coltellacci e i tavoli dove venivano lavorate le carni. Volatili in particolare. I macellai abusivi lombardi ne confezionavano di tutte le specie. Proibite e non. I Nas ne hanno sequestrate solo all’interno del garage oltre 3 tonnellate potenzialmente pericolose per la salute dei consumatori.
Dalla Lombardia al Veneto. In Provincia di Treviso, il business era la macellazione illegale dei conigli. I titolari di un’azienda agricola si erano “reinventati” macellai e avevano creato in una stanza adiacente alla stalla, un vero e proprio laboratorio per la lavorazione delle carni (e non solo quelle dei conigli): peccato che non avesse nessun requisito sanitario. Durante le perquisizioni sono spuntati da armadi e frigoriferi anche diversi quintali di insaccati e volatili.
Tornando al Sud, i casi di Catanzaro, Potenza e Salerno. In Calabria sono state messe sosttosequestro 11 tonnellate di salame, mortadella e specialità locali. Le carni, che stavano per entrare nel circuito legale di norcinerie e della ristorazione, erano conservate in un deposito di materie prime utilizzate per la produzione di insaccati che non possedeva nessuna licenza e neppure ambienti idonei alla lavorazione degli animali. Stessa sorte per le carni macellate in condizioni igenico-sanitarie e strutturali precarie, in uno stabilimento di Potenza.
A Scafati, in provincia di Salerno, invece la Guardia di Finanza ha scovato quattro macellai abusivi che si erano improvvisati anche esperti importatori: acquistavano capi vivi di bestiame dalla Germania, Belgio e Austria che una volta giunti in Italia veninano macellati clandestinamente in capannoni disseminati nelle campagne campane e “piazzati” nel settore del commercio all’ingrosso.
In pochi mesi gli pseudo-macellai sono riusciti a guadagnare “in nero” oltre 90 milioni di euro ed ad evadere 17 milioni di euro di Iva e 78 milioni di base imponibile Irap.
D’altronde la macellazione abusiva e il contrabbando delle carni è un mercato davvero redditizio. Solamente nei dodici mesi del 2009, stando ai dati del Nas, sono stati sequestrati 305 mila chilogrammi di carne per un valore di oltre 35 milioni e 174 mila euro. Nel corso delle 4.726 ispezioni effettuate lo scorso anno, sono state riscontrate 1.298 infrazioni di carattere penale e chiusi 251 stabilimenti di macellazione, molti dei quali abusivi.
Neppure il settore della lavorazione degli insaccati è immune da abusivismo o irregolarità nel confezionamento del prodotto: 4, 1 tonnellate di salumi e insaccati sono stati distrutti perché tossici o mal conservati. Dieci in totale gli stabilimenti sequestrati.

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