venerdì 22 aprile 2011

La guerra ai falsi invalidi. Il giro di vite sulla Napoli degli imbrogli

Figlio e marito devoto, Salvatore Alajo, consigliere della 1ª municipalità, aveva provveduto a tutta la famiglia. Per sé aveva certificato una «sindrome delirante cronica» e per sua madre una forma grave d’invalidità. Per la moglie, una schizofrenia incurabile e per le zie di lei, una devastante cecità. Risultato: l’intera famiglia sbarcava il lunario a spese della sede Inps di Napoli, intascando fior di pensioni d’invalidità. E non è tutto. Il solerte Alajo era riuscito a radunare, intorno al Caf che aveva in gestione, una vera corte dei miracoli: vicini di casa e amici degli amici, tutti colpiti da mali oscuri e disgrazie congenite e tutti, naturalmente, beneficiari di un assegno di invalidità.
A mettere fine a quell’imbroglio è stata la procura della Repubblica di Napoli che, con un’iniziativa senza precedenti, ha ordinato l’arresto dei falsi invalidi insieme con i registi della truffa. Oltre un centinaio di persone sono finite in manette, in un’inchiesta cominciata nel dicembre 2009 e ancora in corso. Il giro d’affari illeciti supera i 9 milioni di euro. Tra gli arrestati ci sono finti ciechi, sedicenti pazzi, ma anche persone che erano riuscite a ottenere diagnosi infondate di cancro. Interi nuclei familiari si dichiaravano affetti da malattie fasulle e giuravano di averle trasmesse in eredità ai figli. L’effetto? Famiglie dove il numero di pensioni di invalidità riguardava anche nove persone.
Nel 2010, il giro di vite: nell’intera provincia di Napoli l’Inps ha sottoposto a verifica il 55 per cento delle prestazioni. I risultati sono sconcertanti. «Il 20 per cento dei benefici sono stati cancellati perché risultavano assegnati a falsi invalidi, a persone che erano guarite nel frattempo o che soffrivano di patologie non così gravi da giustificare il sussidio» spiega il direttore regionale dell’istituto, Maria Grazia Sampietro. E le statistiche elaborate dall’Asl di Napoli fanno ipotizzare che, dietro il grande imbroglio, ci siano vere e proprie organizzazioni che agiscono in diversi quartieri.
Il rapporto sociosanitario «Profilo di comunità 2010-2012», che Panorama ha potuto consultare in anteprima, dimostra che i tassi di invalidità cambiano notevolmente da una zona all’altra. Nel centro storico, nell’arco di un solo anno, le pratiche sono quasi raddoppiate. E punte record nelle richieste di invalidità si segnalano nelle zone più disagiate, ma che contano un minor numero di anziani. «Sono richieste che non hanno una spiegazione clinica immediata» osserva Giuseppe Cirillo, direttore del centro studi dell’asl e del comune che ha elaborato il rapporto. E sottolinea: «Sono necessarie altre e più efficaci modalità di monitoraggio».
L’attenzione è doverosa, anche perché le indagini dei pm Giuseppe Noviello e Giancarlo Novelli stanno accertando che la camorra è riuscita a inserirsi nel business delle infermità posticce, potendo contare su robusti agganci nella 1ª municipalità. Tracce di queste infiltrazioni sono emerse a Chiaia, dove due funzionari infedeli avrebbero provveduto a inserire i fascicoli con documentazione medica e amministrativa contraffatta, corredati da sigilli riprodotti «in modo perfetto». Risultato? L’istituto di previdenza ha intestato assegni a familiari di detenuti affiliati a clan camorristici, che scaricavano così sullo Stato i «costi di gestione» del sodalizio criminoso.
Il capo del pool mani pulite della procura, Francesco Greco, che coordina l’inchiesta, mette sotto accusa «l’intreccio di interessi economici ed elettorali». Regista della truffa era infatti Alajo, consigliere di centrodestra della municipalità, 34 anni, «ricompensato» nell’urna con 1.912 preferenze e, bisbigliano nel suo quartiere, in grado di assicurare consensi anche a «politici amici del centrodestra» impegnati nelle competizioni comunali e regionali. Nella vita del consigliere Alajo, con le misteriose invalidità, ci sono anche guarigioni miracolose: sua moglie, Alexandra Danaro, assistita dall’Inps, si era dichiarata perfettamente sana poco prima di essere assunta dalla società comunale Metronapoli e distaccata alla «commissione anticamorra» della vecchia regione.
Lo scandalo è esploso quando una funzionaria coraggiosa, Teresa Vitale, ha segnalato ai carabinieri le anomalie, d’intesa con il presidente della 1ª municipalità, Fabio Chiosi. «Poco tempo dopo due computer nel mio ufficio sono stati cosparsi di acido muriatico» spiega Vitale. Anche il presidente Chiosi è stato minacciato: prima ha ricevuto una lettera anonima, poi ha trovato un proiettile attaccato con lo scotch sull’uscio di casa e, sotto la porta, un nuovo messaggio di morte.
Un altro esposto l’ha presentato Maria Vittoria Montemurro, direttrice della medicina legale dell’asl, cui fa capo la commissione provinciale ciechi. Controllando le 220 pratiche presentate nel triennio 2007-2009, Montemurro ha scoperto falsi grossolani: «Anche la mia firma era stata imitata per autorizzare i pagamenti indebiti». Il medico dice a Panorama: «Sono indignata perché ciò è avvenuto a danno dei disabili veri, che sono la maggioranza, e rischiano di subire disagi e mortificazioni anche per effetto della doverosa stretta nei controlli».
La commissione regionale di monitoraggio e verifica sul fenomeno delle false invalidità ha esaminato oltre 200 mila pratiche. Ed è riuscita ad accertare che, in alcuni casi, i falsari sono arrivati a riprodurre persino i documenti su carta intestata del ministero dell’Economia. La ragione? «Con quelle carte false si poteva retrodatare la richiesta di invalidità.
C’è chi ha incassato anche 50 mila euro per i sussidi arretrati» informa il presidente della commissione Francesco Minicucci. Che fa notare «una certa ripetitività nell’elenco delle strutture ospedaliere da cui “provengono” i certificati dello scandalo: Cardarelli, Monaldi, Policlinico…». Il dubbio è che la rete delle complicità si estenda agli ospedali e che vi sia più di una talpa che provvede a compilare i certificati fasulli.
Una squadra dei carabinieri è chiamata a individuare, appunto, le complicità insospettabili: medici e avvocati senza scrupoli, dirigenti dell’Inps e dell’asl, consulenti e periti del tribunale, esperti nella falsificazione di atti giudiziari. Un centinaio sono le posizioni sotto osservazione. Per completare il quadro, bisogna avere chiaro che le dichiarazioni di invalidità servono a molti scopi: per rientrare, per esempio, negli elenchi delle «categorie protette» e avere una corsia preferenziale nell’assunzione in società pubbliche e private.
Il lavoro di verifica è molto complesso, anche perché l’Inps di Napoli è ai primi posti in Italia per la mole enorme del contenzioso. Dalle indagini risulta che certificati fasulli sono stati allegati ai ricorsi giudiziari, passando inosservati. E si capisce perché: ogni anno sono oltre 38 mila le sentenze in materia di previdenza e assistenza nel tribunale del capoluogo. È un sistema con molte falle: gli imbrogli all’Inps scoperti o sventati in Campania nel 2010 sono stimati in 233 milioni di euro.
Le false invalidità sono solo un aspetto della truffa. Altro inganno diffuso, le pensioni pagate per anni ai defunti: riscosse dagli eredi. È l’espediente con cui 12 persone, secondo le indagini della Guardia di finanza, avevano accumulato 885 mila euro in conti correnti, auto e appartamenti in Lombardia. Scoperti, ora dovranno restituire le somme incassate con la frode. La squadra mobile ha invece accertato una forma nuova di truffa: si certificano false assunzioni per poter poi godere di sussidi di disoccupazione. Se non fosse stato scoperto, il giro d’affari avrebbe toccato i 16 milioni: finora è costato all’Inps «soltanto» 80 mila euro. I casi smascherati sono stati 2 mila e hanno riguardato 27 aziende. I più clamorosi? Ad Avellino il titolare di un negozio di scarpe aveva dichiarato di avere assunto, in un mese, 164 commessi. A Caserta c’era una pizzeria con 170 pizzaioli. A Quarto una concessionaria di automobili aveva messo nero su bianco d’avere reclutato 150 meccanici. «Tutti chiamati a lavorare in uno spazio di pochi metri quadrati» fa notare Antonello Lilla, il funzionario che, per primo, ha denunciato le anomalie.
Sono truffe che devono potere contare su complicità interne. L’Inps ha avviato verifiche. Risultato: cinque funzionari licenziati nel 2010 (ad Arzano, uno di loro è stato sorpreso a riscuotere tangenti), mentre sono in corso accertamenti per una trentina di dipendenti.
Tra gli imbrogli venuti a galla, i contributi gonfiati a 160 aspiranti pensionati: un raggiro da 1,5 milioni. Un’inezia a paragone della truffa per 216 milioni di euro spesi per pagare i sussidi di disoccupazione a 46.123 braccianti stagionali assunti soltanto sulla carta. Il 20 per cento di essi risultavano inquadrati in aziende prive di terreni o con contratti d’affitto scaduti. Tra le attività più fantasiose (chiaramente fittizie) segnalate all’Inps, nel Salernitano figurava pure un campo coltivato a fragoline di bosco. Con un turnover di oltre 200 lavoratori che, però, non avevano colto neppure un frutto. Più che di fragole, si trattava di mele marce.

di Maria Pirro

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