venerdì 22 aprile 2011

Non aprite quei container. Pieni di tartufi: Made in China e radioattivi

Dopo due giorni trascorsi sulle banchine del porto di Livorno, tra un container di carne suina della Cina in decomposizione, pesci e molluschi tossici arrivati dal Vietnam e una montagna di totani al cadmio spediti dall’Indonesia, non è poi così difficile credere a quegli addetti ai lavori che dichiarano di essere diventati vegetariani. Niente più carne, niente più pesce. Se, ed è vero, il 75 per cento dei controlli risultati sfavorevoli alle scrupolose analisi che gli uffici del Ministero della Salute effettuano quotidianamente sulle partite di alimenti che arrivano in Italia da Paesi terzi, rilevano contaminazioni da metalli pesanti: cadmio, mercurio e piombo.
Purtroppo, dal viaggio di Panorama.it tra i container che approdano a Livorno, non giungono notizie rassicuranti neppure sulle spedizioni di vegetali. Anzi.
Tra patate putrefatte arrivate dal Ghana e maggiorana con salmonella proveniente dall’Egitto, ecco spuntare un container carico di tartufi neri radioattivi: sedici tonnellate.
Una “bomba” dal valore commerciale di oltre 7,2 milioni di euro. Tanto avrebbero fruttato i tuberi sul mercato, se gli ispettori dell’USMAF non li avessero fermati prima, nell’area doganale, e rispediti nel Paese d’origine: la Cina.
Altrimenti, quelle prelibatezze radioattive sarebbero sicuramente finite sulle tavole degli italiani.
Il tartufo nero scorzone sul mercato italiano viene acquistato per 250/300 euro al chilogrammo ma in alcuni casi può arrivare persino a 500 euro. Niente a che vedere con i prezzi di quello “bianco” (ancor più ricercato), il cui valore al Kg raggiunge senza problemi i 2.500 euro. E quello Made in China quanto costa ? Non più di 20/ 25 euro al chilo.
Fosse “andata in porto” l’operazione, chi fosse riuscito a commercializzare i tuberi, avrebbe speso circa 400 mila euro, a fronte di un guadagno finale di 6,8 milioni di euro. Intossicazione compresa.
Ulteriore prova che il lavoro degli uffici PIF e USMAF del Ministero della Salute sulle banchine dei porti italinai è fondamentale perché non arrivino sulle nostre tavole cibi contaminati o radioattivi: è il primo e importantissimo filtro sui prodotti provenienti dalle  zone extra Ue.
Cristiano Savini, titolare dell’omonima ditta specilizzata nella raccolta diretta dei tartufi nelle Colline Samminiatesi (San Miniato, in quel di Pisa, è per antonomasia la Città del Tartufo bianco) denuncia:  “In questo settore occorrono controlli più severi, considerando i costi del tartufo, per garantire al consumatore un prodotto sano e autentico”.
E poi rincara la dose: “Tocca all’Associazione tartufai italiani chiedere oltre a controlli più severi sulle aziende che trattano il prodotto,  anche un disciplinare a livello europeo a tutela del tartufo nero e bianco”.
E invece, chiosa amareggiato Savini, (che nel 2007 trovò il “tartufo bianco del secolo”, il più grande degli ultimi cinquanta anni, un chilo e 497 grammi): “I tartufi cinesi continuano ad  arrivare in Italia a prezzi stracciati attraverso la Germania“. Mettendo così a rischio la raccolta dell’area delle Colline Samminiatesi (che comprendono anche parte delle province di Firenze e Siena), dalle quali proviene il 30 per cento dell’intera produzione di tartufi italiani.
Ma se non tutti “consumano” tartufo,  quasi tutti portano in tavola pesche, fragole, asparagi e pistacchi.  E anche per questi prodotti, il rigoroso controllo dell’Usmaf impedisce che nei nostri piatti ne arrivino non solo di contaminati ma anche tutti quelli che, all’importazione, giungono privi della documentazione sanitaria idonea.
Insomma,  la frutta potrebbe essere anche buona ma in Italia non entra e viene puntualmente rispedita nei Paesi d’origine.
Ancor più timori, ed è comprensibile, provoca: “La merce non dichiarata, che quindi non è sottoposta a nessun controllo, che entra clandestinamente sul nostro territorio fino a raggiungere le nostre tavole” specificano i responsabili PIF e USMAF di Livorno. Che, per questo tipo di controlli, si avvalgono della stretta collaborazione dei carabinieri del Nas, dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanza“.
(Fine seconda puntata, qui la prima)

Nessun commento:

Posta un commento